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L'Italia nella classifica World Bank

Vi segnalo un articolo molto interessante di The Economist, di cui cito solo uno dei capoversi finali:

«The Italy Mr Berlusconi will hand to his successor ranks 87th in the World Bank’s Ease of Doing Business survey, behind Albania. The bank found it was harder to get an electricity supply than in Sudan. In Transparency International’s latest corruption perceptions index, Italy ranked 67th. Rwanda and several other African countries were cleaner.»

Questa è la classifica originale che certifica che l'Italia è davvero nel Quarto Mondo. È infatti molto interessante scoprire che è più facile fare affari in Ghana che in Italia.

Ringrazio Enrico Colombini per avermi segnalato l'articolo ed essersi andato a cercare il sito doingbusiness.org.

Discorso di Pericle

Questo discorso è stato scritto da Pericle 2400 anni fa ed impressiona quanto sia attuale, sembra scritto la settimana scorsa.

Si vede che in 2400 anni non abbiamo imparato la lezione di civiltà che Pericle e forse tutti gli Ateniesi avevano capito nel quinto secolo avanti Cristo.

Qui di seguito la trascrizione per chi non può vedere l'interpretazione di Paolo Rossi.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia uguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è di buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così.

C'è di che meditare.

Orgoglio

Una volta tanto c'è da sentirsi orgogliosi di essere Italiani. In questo momento, in cui sto scrivendo, la quasi totalità delle principali testate giornalistiche di tutto il mondo sta battendo la notizia che oggi, 13 Febbraio 2011, quasi un milione di donne sono scese in piazza per manifestare contro il presidente del Consiglio dei Ministri e la sua politica sessista.

È molto raro che una manifestazione di piazza pacifica e non organizzata da partiti politici in Italia riceva tanta attenzione. Di seguito una breve carrellata, tanto per farsi un'idea. Sono tutte home page di grossi network, cliccate per ingrandire le immagini.

BBC News World Edition

BBC News World Edition


Financial Times

Financial Times


Aljazeera

Aljazeera


Le Monde

Le Monde


The New York Times

The New York Times


The Sunday Morning Herald

The Sunday Morning Herald

Mi hanno personalmente colpito due aspetti: l'enorme afflusso di persone e la totale assenza di bandiere di partiti politici, associazioni politicizzate (leggi: sindacati) o altro. Solo donne che scendono in piazza perché non sopportano più la situazione attuale. Per una volta saltiamo alla ribalta per qualcosa di positivo, non per la mafia, il debito pubblico, l'inettitudine della nostra pietosa classe dirigente.

Altro aspetto fondamentale è che al centro di questa manifestazione ci sono le donne. L'hanno organizzata loro, il tema è quello del rispetto della donna, il colore della manifestazione è il rosa. Io non ricordo altri eventi del genere, forse bisogna tornare indietro al femminismo, ma non ero ancora nato.

Dopo Algeria ed Egitto ci si chiede quale sarà il prossimo paese del Mediterraneo a cacciare il proprio dittatore. E se fosse l'Italia?

Università italiana in lacrime

Oggi l'Università italiana protesta per i tagli ai fondi per la Ricerca operati dalla mano di questo governo. La novità, rispetto alle “normali” proteste di questo tipo, sta nel fatto che a dichiararsi apertamente contro l'azione di governo sono le massime istituzioni accademiche, il Rettore Giulio Ballio ed il Senato Accademico. Ho studiato Ingegneria al Politecnico di Milano e, per quanto non abbia mai fatto mancare le mie critiche all'Ateneo, oggi mi sento vicino a tutti gli studenti, i ricercatori ed i professori del “Poli”, Rettore in testa.

Oggi la protesta si è palesata in modo plateale con un messaggio che ha sostituito la home page del Politecnico e con una lettera del Rettore indirizzata agli allievi. Vi invito a leggerla, ne vale la pena se vi interessa conoscere lo stato delle nostre università.

È stato pure pubblicato un rapporto (attenzione: PDF) che mostra in breve quali sono le vere cifre relative al rapporto tra spesa per la ricerca in Italia ed effettiva “efficienza” rispetto agli altri attori mondiali.

Per conservare memoria di questo triste momento della nostra storia mi permetto di tenere copia del file PDF qui sul mio blog, che sarà perciò raggiungibile anche quando sparirà dal sito del Politecnico. Ad ogni modo vi chiedo di scaricare l'originale dal sito dell'ateneo per far aumentare il numero di clic.

Per lo stesso motivo riporto qui integralmente la lettera di Giulio Ballio.

Cara Allieva, Caro Allievo,
In questi ultimi due anni stiamo assistendo a una campagna denigratoria, sempre più intensa e aggressiva, nei riguardi dell’Università italiana e di tutti coloro che onestamente vi operano.
È una campagna che rischia di demotivare profondamente tutti noi e soprattutto quei giovani che vi sono entrati da poco o che desiderano entrarvi.
È una campagna che può indurre legittimi dubbi in Voi e nelle Vostre famiglie.
Spesso le persone che incontro mi chiedono se è reale il quadro che viene rappresentato dai molti interventi riportati dai media, oppure se stiamo assistendo, forse senza rendercene conto, a un attacco teso a sfiduciare le università statali.
Appare legittimo il dubbio che vi sia il desiderio di sostituire l’università pubblica con un sistema privato, devastando le aspettative di più di un milione e mezzo di famiglie italiane.

Noi, che siamo allo stesso tempo insegnanti e ricercatori, ci sentiamo profondamente offesi perché ci si vuole delegittimare proprio di fronte alla comunità che abbiamo scelto di servire col nostro lavoro e con i nostri sacrifici.
Questi tentativi di delegittimazione fanno male a tutti noi che crediamo nell’università, che vi lavoriamo per formare e per traghettare Voi giovani dalla scuola secondaria al mondo del lavoro, per fare ricerca e servire il nostro Paese in cui ancora crediamo. Ci fanno perdere l’entusiasmo, ci spingono a fare il minimo richiesto, ci allontanano dalla voglia di operare in un servizio che abbiamo scelto e in cui ancora crediamo. Vogliamo reagire soltanto perché, altrimenti, faremmo il gioco di chi ci vuole distruggere privandoci di quella libertà che, sola, permette di fare ricerca e insegnare a Voi giovani.

In questi giorni si parla di agitazioni dei ricercatori, di richiesta di sospensione delle lezioni, di volontà a non tenere insegnamenti, di rivendicazioni da parte di persone che possono sembrare fortunate perché hanno ancora un lavoro, ma alle quali si sta togliendo quella speranza che li aveva spinti a rinunciare ad attività più remunerative per iniziare quel lavoro che a noi, più vecchi, è sempre parso il più bel lavoro del mondo: fare ricerca e contemporaneamente insegnare ai più giovani.

Le aspettative di carriera dei più giovani sono deluse. Da più di tre anni non sono banditi concorsi per passare da ricercatore a professore associato e da associato a professore ordinario e non si può ragionevolmente prevedere il numero di anni che dovranno ancora passare prima che questi concorsi vengano banditi. Per non invecchiare senza speranza molti giovani valenti stanno vincendo concorsi per posizioni di professore in università straniere e coloro che vanno via non sono sostituiti da colleghi stranieri che desiderino venire a lavorare in Italia.
Ci viene impedito di fare ricerca con colleghi stranieri anche se riusciamo a farci finanziare da enti pubblici o privati perché un nuovo dispositivo legislativo prescrive di spendere in missioni di lavoro meno della metà di quanto speso nel 2009.
Ci viene impedito di continuare a offrire una formazione finora apprezzata dal mondo del lavoro perché un recente decreto ministeriale impone una riduzione di insegnamenti e corsi di laurea, indipendentemente dal numero di allievi iscritti. Forse il nostro Ateneo sarà costretto a ridurre le immatricolazioni oppure a chiudere attività didattiche che fino ad oggi hanno soddisfatto le esigenze dei territori in cui il Politecnico è presente.
Ci viene proposto un Disegno di Legge che, seppur necessario, presenta alcuni punti critici:

  • l’imposizione di forme di governo dell’Ateneo molto diverse da quelle da noi adottate nell’ultimo decennio che ci hanno permesso di crescere nella reputazione internazionale
  • l’obbligo di assumere docenti provenienti da altre Università in un paese che fa di tutto per contrastare la mobilità a causa della carenza di servizi erogati
  • pesanti incertezze sul destino dei giovani ricercatori che lavorano con noi per la mancanza di una programmazione nella progressione delle loro carriere
  • scarsa attrattività della carriera accademica per le nuove generazioni poste di fronte a una serie di contratti a tempo determinato che aumenta il loro senso di precarietà.

L’approvazione di una legge che non tenga conto di queste criticità e di un programma pluriennale di finanziamento all’Università rischia di produrre una situazione anche peggiore dell’attuale.
Come si fa a gestire un Ateneo o a fare una programmazione adeguata quando ancora oggi non si conosce l’ammontare del finanziamento statale del Politecnico relativo all’anno 2010?

Questa lettera nasce proprio dal desiderio di condividere con Voi questi sentimenti, di chiedere la vostra comprensione, di cercare la vostra solidarietà. Tutti noi del Politecnico vogliamo continuare la missione che da quasi 150 anni ci è stata affidata, ma non possiamo essere lasciati soli in balia di chi sta usando una falciatrice per fare di tutta l’erba un fascio, incurante di tagliare in un solo passaggio l’erba secca, quella verde e i fiori già cresciuti. È proprio la capacità di distinguere il grano buono dalla gramigna che, insieme a Voi, indipendentemente da ogni fede politica, vorremmo chiedere a questo nostro Paese. Vogliamo che non sia distrutto quanto di buono abbiamo, chiediamo con forza che si investa anche su quanto c’è di buono per renderlo ancora migliore.

Probabilmente molti di Voi si stanno ponendo un certo numero di interrogativi quali ad esempio: Cos’è l’autonomia dell’università? Le università sono tutte uguali? Chi sostiene economicamente le università? Perché i docenti fanno ricerca? Quali sono i doveri che la legge impone ai docenti universitari? Come si recluta un docente universitario? La ricerca italiana è così di basso livello come viene dipinta? È vero che le nostre università sono molto indietro nelle classifiche internazionali? I baroni esistono ancora? Il cosiddetto 3+2 è una iattura? Cosa vuol dire titolo legale?

A queste e ad altre domande, che potrete propormi scrivendo a comunicazione@polimi.it, sarà data una risposta sul sito Polimi nelle prossime settimane.

Cordiali saluti
Giulio Ballio

Sempre più indietro

L'altro giorno si discuteva, in una mailing list che frequento da anni, dell'usanza, in Spagna e nei paesi sud americani, di utilizzare il doppio cognome per i nuovi nati. Un amico scappato trasferitosi in Uruguay, spiegando i possibili motivi di quest'usanza

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This man doesn't speak in my name!

Story repeats again: the BBC reports Mr. Berlusconi “best” quotes in an article titled “In quotes: Berlusconi in his own words“.

I only want to point out that this person doesn’t speak in my name and neither does he represent me in any sense.

BBC article on Italy and mafia

BBC logo

Today I read an article on BBS News about Sicily and mafia, signed by Stephanie Holmes. BBC reports a number of associations struggling against Cosa Nostra, and a increasing feeling of freedom among young people living in the South of Italy.

Yesterday and today we are voting for the general election and it’s very remarkable that BBC decided to publish an article with a taste of hope, instead of the usual political analysis that would depress every Italian with an ounce of love for Italy.

Read the article, it’s worth the time it takes.

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